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Regole per un dibattito democratico in senso sostanziale

  • Posted by Staff Redazione
  • Categorie COMPRENDERE LA COSTITUZIONE, FORMAZIONE PER ATTUARE LA COSTITUZIONE
  • Date 21 Maggio 2019

Proposta per la maggior comprensione reciproca

In televisione si assiste spesso ad incontri tra esperti o uomini politici, che vertono su temi di attualità o di cultura di grande interesse. Sono occasioni preziose per ottenere informazioni sui diversi punti di vista.

Purtroppo, specie quando le posizioni sono molto distanti tra loro, si assiste a momenti di vera rissa verbale, nei quali gli interlocutori si interrompono a vicenda, parlano gli uni sugli altri, alzano la voce. Il discorso si sposta dai contenuti alle relazioni: la battaglia sostituisce il dialogo ragionevole e la comprensione dei problemi. Un’occasione persa per gli ascoltatori di farsi un’idea personale di come stanno davvero le cose.

Alcuni sostengono che le risse verbali aumentano l’audience.
Noi crediamo esattamente il contrario.

Siamo convinti che assai più persone s’interesserebbero di politica e di problemi attuali se fossero messi realmente nelle condizioni di capire la struttura fondamentale dei problemi. A tal fine, dall’esperienza di conduzione d’aula, secondo i principi della psicologia umanistica, si possono trarre indicazioni di regole da seguire affinché un dibattito sia davvero produttivo e arricchente, cioè in grado di far riflettere in primo luogo i partecipanti, e in secondo luogo gli ascoltatori.

Le seguenti regole dovrebbero essere enunciate dal moderatore e sottoscritte da ogni partecipante, prima di iniziare la conversazione.

  1. Ascoltare l’altro a livello profondo, con umiltà, rispetto e apprezzamento, mirando a cogliere ciò che di positivo c’è nella sua posizione (valori, intenti, azioni e opinioni). Dialogare nel presupposto dell’esistenza di un intento positivo. Questo atteggiamento elicita e rinforza l’intento positivo della parte sana della controparte. Evitare sospettosità come manifestazione di fede negativa, funzionale a rinforzare la parte non sana della controparte e a creare distanza e polarizzazione. Evitare la demonizzazione e l’istigazione al disprezzo e all’odio della controparte. Il risultato non può che essere l’incremento della violenza, magari ottenuto in nome della pace. Alla controparte che sbaglia, occorre consentire sempre di salvare la faccia. Ciò non significa escludere l’esistenza di malafede e disonestà (filtro iperpositivo, pensiero controparanoico “positivo”). Significa fede positiva nel potere radiante delle qualità dell’essere quando vengono praticate con alto livello di integrità (cfr. Desmond Tutu). “Sii il cambiamento che desideri dagli altri”, disse Gandhi. Malafede e inganno nella controparte verranno isolate e diventeranno minoritarie se ci si comporta davvero in armonia con i principi (non collaborare con le danze distruttive).
    Un Leader di pace non si lascia contaminare dalla malafede, non si sente autorizzato a praticarla a sua volta. La via è la meta.
  2. Utilizzare i facilitatori della comunicazione, evitare le barriere (interruzioni, sovrapposizioni, svalutazioni, critiche ecc.). Accogliere con umiltà gli eventuali richiami del conduttore.
  3. Praticare la retta parola (non mentire, non manipolare ecc.), non cercare di avere ragione, ma mettere la ricerca condivisa della verità al primo posto. Integrità e ricerca della verità vengono prima del desiderio di far prevalere la propria posizione (“la verità non viene dopo la rivoluzione”).
  4. Praticare il retto pensiero: mantenere la netta distinzione tra mappa e territorio, tra fatti e opinioni, tra fatti, pensieri ed emozioni.
  5. Dare valore alla conversazione: essere disposti e desiderosi di imparare dall’altro,
    allargando la propria mappa del mondo.
  6. Semplicità: esprimersi nel modo più sintetico e chiaro possibile, mettendosi nei panni degli ascoltatori, in modo da favorire al massimo la loro comprensione del problema.
  7. Compito per il moderatore: riassumere di tanto in tanto ciò che è stato detto, e sintetizzare i passi compiuti su una lavagna, visibile da tutti (non limitarsi all’auditivo, ma coinvolgere il visivo digitale e schematico). Ottenere l’assenso dei partecipanti sull’attendibilità della sintesi.
  8. Distinguere i fatti dalle opinioni
  9. Indicare su quali fatti si è d’accordo: allargare il più possibile la base di tale accordo.
  10. Sostenere i propri valori e le proprie scelte, senza mai criticare o demonizzare quelli della controparte, ma cercando di comprendere il più possibile il suo punto di vista.
  11. Indicare su quali punti le opinioni convergono.
  12. Indicare con chiarezza i punti di disaccordo, quali valori vengono implicati, e quali sono le conseguenze pratiche delle differenti visioni.
  13. Compito per il moderatore: in chiusura della trasmissione, fare una sintesi finale, indicando i passi compiuti verso una convergenza di vedute. Indicare con chiarezza le divergenze emerse. Prevedere un futuro incontro di approfondimento. Indicare le letture utili per formarsi un’idea personale sui temi trattati.

Un libro straordinario, per riflettere sull’ascolto e la soluzione creativa dei conflitti, è: Marinella Sclavi (2003), Arte di ascoltare e mondi possibili, Mondadori.

Mauro Scardovelli

Tag:Ascolto, Democrazia, Dialogo

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