
Il lavoro secondo la Costituzione
Prima di procedere oltre nell’analisi di cui sopra, è necessario chiarire il significato che il termine “lavoro” ha nella nostra Costituzione.
Come vedremo, esso in nessun caso può essere inteso come travaglio, come peso, come “sudore della fronte”, ma come mezzo di autorealizzazione personale, oltre che di contributo alla collettività alla quale si appartiene.
Il vero lavoro non abbrutisce mai le persone, ma le nobilita.
Il vero lavoro è quello che contribuisce al progresso materiale e spirituale del Paese.
Tale termine compare già nel primo comma dell’articolo 1: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Quindi nella nostra Costituzione il tema del lavoro assume il massimo rilievo, in quanto è posto sullo stesso piano della democrazia, della quale il lavoro, correttamente inteso, è il presupposto.
In altre parole, il lavoro è posto a fondamento dell’ordine democratico repubblicano.
Per comprendere meglio questo concetto, dobbiamo chiederci quale è il suo opposto.
Il suo opposto è il capitale, l’accumulazione di denaro o di beni. Capitale che, come la storia ci insegna, viene normalmente acquisito attraverso la speculazione a scapito dei lavoratori.
Il capitale ha a che fare con le cose. Il lavoro ha a che fare con le persone. Si dà più valore alle une o alle altre? Dalla risposta a questa domanda dipende il tipo di società che si vuol creare.
La società neoliberista si fonda sul capitale e sulla speculazione finanziaria.
Le società costituzionale si fonda sul lavoro e sulle persone.
Per comprendere l’articolo 1, bisogna collegarlo dialetticamente con altri importanti articoli della Costituzione.
In primo luogo l’articolo 3, comma 2, dove le persone sono considerate così importanti da prevedere la necessità del loro pieno sviluppo. Pieno sviluppo della coscienza etica, impedita da ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano la loro libertà ed eguaglianza.
Pieno sviluppo della coscienza etica, non solo individuale, ma anche collettiva, che consente la loro consapevole e attiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Dal combinato disposto degli articoli 1 e 3, i Padri Costituenti, con grande lungimiranza, hanno tracciato le linee di una società completamente nuova, mai realizzata prima nella storia.
Società nella quale l’effettiva sovranità appartiene al popolo, formato da persone consapevoli, libere ed uguali, predisposte all’accordo e all’unione anziché al disaccordo e alla scissione.
Per la prima volta ci si è posto l’obiettivo di realizzare una democrazia di fatto, non solo formale, come in quella liberale. In essa la democrazia era solo una facciata, una maschera che copriva i rapporti di prevaricazione e il “conflitto di classe”, tra ricchi e poveri, forti e deboli.
Per la prima volta ci si è posto l’obiettivo di realizzare una società giusta, solidale, nella quale tutti gli esseri umani siano valorizzati, e si aiutino tra loro per contribuire al benessere di tutti.
Riferimenti bibliografici

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