
L’oro dell’amore pienamente dispiegato
Noi non nasciamo con il nostro potenziale d’amore già realizzato.
Di solito ce lo dobbiamo conquistare passando attraverso una sofferenza inevitabile o naturale che, con il Buddhismo, possiamo definire necessaria. Una sofferenza del cuore che ci richiama l’immagine del piombo: il piombo della sofferenza.
Il nostro lavoro, il nostro compito più importante della vita da incarnati, è trasformare il piombo della sofferenza nell’oro dell’amore pienamente dispiegato. Come nella tradizione insegnano gli alchimisti.
Quando questo accade, noi accediamo al carburante più prezioso.
In altri termini, le relazioni d’amore sono il propellente più potente della nostra vita, non solo se tutto fila liscio e siamo ricambiati, ma anche quando sorgono dei problemi o siamo lasciati dell’altra persona.
A condizione che noi continuiamo a dire bene, a benedire, ad amare l’altra persona, prendendoci la responsabilità per la nostra parte.
Cercando di aiutarla quando è possibile, anche se si è comportata male con noi. “Amate i vostri nemici”, ci ha insegnato Gesù.
Oltre alla sofferenza naturale o necessaria, ne esiste un’altra che possiamo definire nevrotica o innecessaria.
Essa di solito rappresenta la parte più grande della sofferenza che ci abita. Se il totale è 10, 1 è la sofferenza necessaria e 9 quella nevrotica, la cui causa è la non accettazione della sofferenza necessaria, ed è formata da rimuginazione, preoccupazioni, lamentele, pretese e accuse.
In tal caso noi non diciamo bene, non benediciamo, ma diciamo male. È una maledizione che produce una malattia, prima psichica e poi fisica, e un’involuzione della coscienza che ci fa cadere sempre più in basso nel dolore.
A questo punto ci sono due possibilità:
- indossiamo una maschera, una difesa con la quale facciamo finta di stare bene lo stesso. C’è malattia e ristagno, non progresso, ma non c’è neppure la caduta completa
- cominciamo a bruciare noi stessi, rinunciando a ogni difesa, identificandoci con il male e continuando rabbiosamente a maledirlo e a combatterlo, in un processo di autodistruzione senza fine.
Il che ci porta alla follia o alla malattia grave, il massimo della dissoluzione e della frammentazione
In sintesi, un io sano è un io che benedice. Benedice gli altri e benedice anche se stesso. Ispirandosi ai principi dell’Anima, dice bene, si prende cura, ama le proprie parti interne, ottenendone a propria volta la stima, la fiducia e l’amore, perché si comporta in modo Dharmico, seguendo la legge divina. Nello stesso modo si comporta con gli altri.
All’opposto, un io malato è quello che non benedice, ma maledice, gli altri e se stesso.
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